Breve viaggio intorno alla diversità: Seconda tappa

La diversità come viaggio.
E quando ho pensato a questo non ho potuto che correre davanti alla libreria e cercarlo. Cercare quella che io reputo essere la mini bibbia della diversità intesa come migrazione. Il viaggio alla scoperta di sé. Il libro a cui mi riferisco è “Il pinguino verde” di Valentina Muzzi, Sinnos edizioni.

Lasciò il piumone, i ghiacci e la tana e si mise in viaggio per quella terra lontana” 

Questo mini albo è per me un pezzo di vita. E’ stato uno dei primi albi che ho conosciuto quando ho iniziato un percorso di formazione per conoscere meglio la letteratura acerba. L’ho subito comprato perché d’istinto mi è venuto da fare cos’. Perché la realtà è che questo pinguino è una sorta di creatura empatica che finisce coll’offrire una chance a tutti. Il pinguino verde è un po’ la storia di ognuno. Fase più fase meno, ma c’è un pezzo di tutti.
Ci sono i viaggi, gli incontri, il senso di inadeguatezza, la frustrazione di non sapere chi cavolo sei!, la paura di saltare, il buio, i libri, un carretto, dei vestiti, il ghiaccio, una comunità.
Ecco ci sono tutti gli elementi, monadi esistenziali, che ognuno può leggere come crede, può mettere insieme creando il proprio collage esattamente come ha fatto, con semplice eleganza, l’illustratrice/autrice Valentina Muzzi, per raccontare la storia di un senso di diversità mista a ribellione unita all’urgenza della ricerca, con i suoi sorprendenti collage.
Un operazione convincente a mio avviso, in questo racconto, quello di unire un eleganza estetica sartoriale, quasi da ricerca di tessuto, ad un testo altrettanto ricco.
Ricco di rime, di ritmo e di un periodare rigoroso, classico ma regale nel suo scorrere.
 C’è una bellissima recensione sul blog della libreria romana “Centostorie” che secondo me racchiude egregiamente quello che questa mini bibbia della diversità rappresenta nel panorama delle diversità scritte, raccontate, lette e vissute

  “Esistono tanti modi per dire una stessa cosa. Per dire “ti voglio bene” si può lasciare un biglietto sul frigo o scrivere una lunga lettera d’amore; per dire “non voglio più vederti” si può non rispondere più al telefono oppure rispondere e fare una scenata; per dire che siamo tutti diversi, che è proprio questa diversità a renderci davvero speciali e che la vita in fondo è scoprire la nostra unicità e innamorarcene follemente si può scrivere un tomo di psicologia oppure un delizioso albo illustrato.

Sempre sulla scia del binomio diversità e spostamento non potevo non parlare di LUI. Del regalo inatteso, dell’albo che fino a che tu non ce l’hai non potrai mai comprendere quanto ti fosse realmente mancato.
Ovviamente in cima alle ragioni di tanto entusiasmo metto la ricercatezza un po’ radical- chic che aleggia (e che forse lo protegge da occhi poco inclini all’esercizio di tale sensibilità estetica) su tutto il libro. A partire da questo formato quasi quaderno per poi procedere con le atmosfere british che circondano il racconto continuando con le illustrazioni che sono un tributo al design, alle arti grafiche e che nel loro fascino contemporaneo affondano il tratto nella tradizione. Ma senza dirlo. E’ una cosa che percepisci, che non capisci. Perché certe cose non devi capirle per forza. 
“Il viaggio di Miss Timothy” di Giovanna Zoboli e Valerio Vidali, è una di queste. 

 “La risposta ovina alla ricerca di se”
Questo ibrido, sacro compendo di tutte le arti celebri dalla poesia al design passando per la filosofia, è un operazione targata Topipittori. E si sa che questi topi non pubblicano solo libri, questi Topi creano mondi (oltre che dipendenza, come nel mio caso),fanno parte di quella sparuta minoranza che non si adegua che non segue, ma crea.
E per parlare di Miss Timothy lascio che sia proprio lei a raccontarsi.
“Miss Timothy, invece, finalmente nel suo letto dopo molti mesi, si chiedeva quando esattamente la sua lana avesse cominciato a migliorare. Era stato quando sull’autobus aveva creduto di ritrovare la prima se stessa o quando, al museo delle uova sode, si era resa conto di aver perso anche la seconda? Dovette ammettere con se stessa di non ricordarlo affatto. Ammise anche di non sapere più chi fosse diventata adesso, con tute queste Miss Timothy in giro per il mondo a ritrovarsi e dimenticarsi di ritrovarsi,  proprio come era capitato a lei. Ma era così importante trovare una risposta? Si chiese.
Naturalmente la questione era troppo complicata, per un ingenua e spensierata pecora dello Yorkshire, come Miss Timothy. Che, infatti, prima di rispondersi, si addormentò.”
Non ci sono parole esatte per raccontare la poesia, il surreale, il metafisico, la complessità dei registri o le armonie dei differenti linguaggi. 
Resta solo una cosa. Arrendetevi!

Questo è un albo che va brucato  con rigore ed eleganza ovina.
Benedetta

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